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Il Comitato regionale per il territorio ha espresso parere favorevole all’approvazione della Variante al Piano regolatore di Castel Madama. E’ un passo decisivo verso una rapida conclusione della vicenda. Ne parliamo con l’ex sindaco Salinetti, padre di questa Variante.
Il 2 agosto 2012 il Comitato Regionale per il Territorio ha ripreso l’esame della Variante al Piano Regolatore Generale (PRG) di Castel Madama. Il Comitato, in presenza del progettista e dell’ingegnere comunale, ma non del sindaco assente, esaminata la documentazione integrativa richiesta nella riunione del 10 maggio, ha espresso parere favorevole all’approvazione della variante con alcune prescrizioni di poco conto riguardanti, secondo le prime indiscrezioni, le Zone D (per le attività economiche e produttive) e le Zone H (per i servizi turistici, culturali e ricreativi). Come valuti questo parere?
E’ una notizia positiva per il futuro di Castel Madama. Positiva per il suo territorio, che con la variante sarà in parte liberato dalle esagerate previsioni edificatorie, mentre vedrà tutelate le sue qualità agricole, naturalistiche e storico-artistiche. Penso ad esempio al parco fluviale e all’Archeopark. Positivo per i suoi abitanti presenti e futuri, perché la variante prevede uno sviluppo residenziale equilibrato, case ma anche servizi, parcheggi e giardini, una rete viaria razionale e realizzabile. E positivo anche per i proprietari dei terreni edificabili e per gli investitori che avranno regole precise, certe, uguali per tutti e non saranno più sottoposti alla discrezionalità degli amministratori di turno.
Un cambiamento in meglio i cittadini l’hanno già avuto perché la relazione, le Norme Tecniche Attuative e le Tavole della Variante sono pubblicate sul sito del Comune dal 2008, tutti le possono consultare. L’opposto rispetto a prima, quando il possesso e l’accesso a questi atti era un segno distintivo del potere, a cui si doveva sottostare.
Comunque il parere favorevole del Comitato regionale arriva in ritardo. Mille giorni dopo l’invio della variante alla Regione, avvenuto il 27.10.2009, rispetto ai 180 previsti dalla legge.
Da quanti anni Castel Madama aspetta questo nuovo strumento urbanistico?
Il Piano regolatore attuale fu approvato nel 1974, dopo un iter complesso durante il quale la Regione intervenne ripetutamente per ridurre le eccessive aree edificabili contenute nella proposta iniziale del Comune. E senza che il Consiglio comunale lo concludesse con la presa d’atto finale e la graficizzazione su un’unica tavola di tutti i cambiamenti intervenuti dall’adozione nel 1971 alla approvazione nel 1974. Quindi il Piano da subito mostrò limiti tecnici: imprecisione delle Tavole sia riguardo alla scala sia soprattutto ai confini delle diverse aree residenziali, industriali, ecc. Inoltre furono presto evidenti i limiti urbanistici. Il Piano in effetti era figlio dell’idea di sviluppo quantitativo degli anni del boom economico. Gli amministratori di allora, parliamo degli anni dal 1960 al 1975 quando governò ininterrottamente il sindaco Giacomo Testa, pensavano che il benessere a Castel Madama sarebbe stato portato dall’espansione edilizia residenziale e industriale, favorita dall’apertura del casello dell’A24. Così le zone edificabili furono sovradimensionate rispetto al reale sviluppo del paese. Pensate che il Piano prevedeva la costruzione, nel giro di trent’anni, di case per circa 17 mila abitanti! Dopo quasi quarant’anni siamo meno di 8 mila.
Ma nessuno prese un’iniziativa per risolvere questi problemi?
Già alla fine degli anni ’70 si tentò di correggere gli errori più evidenti, ma si creò più confusione di quanta ce ne fosse prima. Da allora, infatti, esistono almeno due versioni della tavola di PRG del territorio comunale: a seconda di chi governa o di chi chiede un permesso per costruire è valida una Tavola o l’altra; certi terreni una volta sono agricoli, un’altra industriali, un’altra ancora residenziali.
Un’indagine della magistratura agli inizi degli anni ’90 decretò la falsità di alcuni perimetri di aree edificabili e ne chiese la modifica. Intanto la Regione, non sapendo che pesci prendere ogni volta il Comune le inviava dei Piani attuativi del PRG su cui doveva esprimere un parere, iniziò a bocciarli. Clamoroso fu il no al Piano particolareggiato della zona industriale nel 1997. Inoltre la Regione cominciò a richiedere con insistenza che il Comune redigesse una Variante al PRG in modo da ripristinare una corretta disciplina urbanistica.
Un altro tentativo ci fu negli anni ’90. Grazie all’impegno dell’assessore Giuseppe Mancini, con i sindaci Luigi Garofolo prima e Alfredo Scardala dopo; e grazie al lavoro di un gruppo di tecnici coordinati da Paolo Berdini, attuale docente universitario di urbanistica a Roma, fu elaborata una Variante generale al PRG, anche attraverso numerosi incontri con i cittadini e le forze sociali. Ma, alla vigilia del Capodanno del 2001, quando fu convocato il Consiglio Comunale per deliberare l’adozione della Variante, il sindaco Scardala presentò le sue dimissioni e altri membri della maggioranza non si presentarono in Consiglio. Scardala passò con il centrodestra, la giunta di centrosinistra andò in crisi e di Variante al PRG per 5 anni non se ne parlò più.
Un terzo tentativo è l’attuale.
Parlaci di questo.
Il nuovo tentativo è iniziato nel 2006 con la mia elezione a sindaco, la nomina di Amerina Paolacci assessore all’urbanistica e dell’architetta Elisabetta Cicerchia a tecnico comunale e progettista della variante al PRG. La scelta politica fu di non fare una variante “pesante” che affrontasse tutti i problemi e trovasse una risposta a tutto: si rischiava di stare ancora a parlare e di non giungere mai all’approvazione. Scegliemmo di fare uno strumento “leggero” che rimettesse ordine e chiarezza nelle destinazioni urbanistiche e nella rete viaria; che recepisse le modifiche normative, i Piani e le varianti puntuali intervenute dopo il 1974; che aggiornasse il PRG ai mutamenti demografici, sociali ed economici del paese.
Infatti, la delibera di approvazione si chiama “Ricognizione e raccordo delle destinazioni urbanistiche. Variante al PRG”. Insomma il ragionamento fu questo: innanzitutto riportiamo chiarezza, legalità e buon senso nelle possibilità di trasformazione del territorio, poi cercheremo soluzioni puntuali alle aree più critiche e a quelle sottoposte alle maggiori pressioni di trasformazione. Infatti, insieme alla adozione della Variante, il Consiglio comunale del 26.5.2008 approvò una mozione che indicava il passo successivo da fare, ossia la pianificazione delle aree Arci-Monitola, Monitola-le Fontanelle, le Fratte, San Quirico, Cavisello-Sant’Agostino-Pietro Romano. Per passare a questa seconda fase abbiamo richiesto dei contributi regionali, in parte concessi, e aspettato l’esito della Variante, in particolare il parere del Comitato regionale per il territorio, per capire l’orientamento urbanistico della Regione Lazio.
Ci sono state critiche per lo scarso coinvolgimento dei cittadini nella costruzione di questa variante al PRG. Come andò a tuo avviso la discussione?
Bene. Nel centrosinistra si raggiunse facilmente l’accordo. Poi, quando la variante fu pronta, fu messa a disposizione dei consiglieri comunali presso l’Ufficio tecnico. Quindi fu esaminata in numerose riunioni di commissione consiliare, presentata ai cittadini in un’assemblea pubblica e adottata nel maggio 2008 con i 12 voti della maggioranza. La minoranza non partecipò al voto, non entrò nel merito della variante e motivò la propria scelta con critiche di metodo: non votava perché non era stata messa nelle condizioni di poter apportare il giusto contributo.
Poi la variante fu illustrata ai tecnici e agli ordini professionali e fu chiesto ai cittadini di partecipare alla sua messa a punto attraverso lo strumento delle osservazioni. Ne arrivarono 110 che furono esaminate in 5-6 riunioni di commissione consiliare e votate una ad una da due Consigli comunali nel marzo 2009. Delle 110 osservazioni ne furono accolte 53, mentre 57 furono respinte. Soltanto in 27 di queste votazioni ci furono voti contrari. Non solo della minoranza, ma anche dei consiglieri Grazia e Cascini che, a differenza dell’anno prima, questa volta votarono diversamente dalla maggioranza e fecero le prove di accordo con Pietropaoli. In particolare essi non condivisero la scelta della maggioranza di non accogliere le richieste di trasformazione di alcuni terreni agricoli in residenziali, commerciali o industriali.
A giugno 2009 il Consiglio approvò le modifiche alla Relazione generale, alle Norme Tecniche Attuative e alle Tavole, modifiche conseguenti all’accoglimento delle osservazioni.
Infine il 27 ottobre 2009 la Variante al PRG, con tutti i pareri favorevoli nel frattempo acquisiti, fu inviata all’Ufficio urbanistica della Regione Lazio.
Ed è lì ancora oggi.
Sì. Devo dire che non siamo stati fortunati. Pochi giorni dopo l’invio scoppiò lo scandalo Marrazzo. Si aprì una crisi, poi si votò e ad aprile 2010 si insediò la giunta Polverini. La Regione rimase semiparalizzata per almeno sette-otto mesi, prima e dopo le elezioni. L’istruttoria tecnica della Variante durò più di un anno e terminò nella primavera del 2011. Da allora è passato un altro anno prima che il Comitato Regionale per il Territorio si riunisse il 10 maggio e il 2 agosto 2012.
Nel frattempo qualcosa è cambiato anche a Castel Madama, oltre che in Regione.
Eh sì, nel maggio 2011 cambiò anche l’amministrazione comunale di Castel Madama. La sconfitta ci scoraggiò ma ci dicemmo: se abbiamo perso noi, non devono perdere i progetti a cui abbiamo lavorato e che sono utili al paese. Così un mese dopo le elezioni presentammo una mozione in consiglio comunale che impegnava il neo sindaco a sollecitare l’approvazione della Variante al PRG presso gli Uffici regionali. Essa venne approvata all’unanimità. Era il 30 giugno 2011. Ci sorprese un po’, ma a quei tempi Pascucci ricercava ancora un confronto e una collaborazione con l’ex maggioranza.
Quindi sulla variante al PRG c’era una convergenza di tutto l’attuale consiglio comunale.
All’inizio sembrava di sì. Nei mesi successivi, però, è venuto a galla uno scontro interno alla maggioranza in particolare tra Federico Pietropaoli e Michele Nonni. Sul periodico Confronto del 27.2. 2012 Pietropaoli insorge: “Quella variante è da archiviare, troppe opportunità sono state scartate”. Pietropaoli vorrebbe modificare la variante al PRG prima della sua approvazione inserendo alcune opportunità che tradotto dovrebbe significare introdurre l’edificazione di nuovi terreni. Il 13 marzo sul sito del Comune Nonni risponde: “Stiamo tenendo fede alla mozione con la quale l’amministrazione si impegnava a sollecitare l’iter di approvazione della variante (…). Seppure essa presenta numerose criticità su alcune aree, siamo convinti che sia uno strumento di cui Castel Madama necessiti”. Ma Pietropaoli insiste e in un’intervista su Confronto del 21 maggio 2012, con malcelata soddisfazione per il fatto che il Comitato regionale il 10 ha sospeso l’esame della variante, dichiara strumentalizzando tale sospensione: “Inizia a sfaldarsi il progetto urbanistico dell’ex sindaco Salinetti e della sua Giunta (…) Quello che ad oggi è certo è che i cittadini e gli operatori economici dovranno attendere ancora molti mesi se non addirittura anni”.
Dieci giorni dopo queste dichiarazioni, il 31 maggio, esplode la crisi in Consiglio comunale tra Nonni-Di Berardino e il resto della maggioranza. Crisi che dopo due mesi e mezzo non si è ricomposta. Anzi, a giudicare dai messaggi che si scambiano UDC e Iniziativa e Solidarietà, essa è sempre più grave.
Anche tu pensi che alla base dello scontro tra Nonni e Pietropaoli vi siano questioni urbanistiche?
Anche urbanistiche. La rottura tra Nonni e la maggioranza, secondo me, è più profonda e generale. Nonni non si ritrova più nei contenuti e nel metodo di governo. Non vi si ritrova né politicamente, né personalmente. Secondo me ha retto finché Pascucci ha cercato di esercitare una funzione di mediazione tra le differenti anime della maggioranza. Quando poi, dall’inizio del 2012 si è sempre più schiacciato su Pietropaoli, Nonni si è ritrovato solo, isolato e anche boicottato nell’esercizio delle sue deleghe, esautorato dalle manie di onnipotenza di Pietropaoli.
Prima sì alla variante, poi no va cambiata. Adesso addirittura ne rivendicano il merito. Perché?
L’amministrazione comunale fa buon viso a cattivo gioco. Subisce questa decisione del Comitato regionale, ma non può permettersi di respingerla, sia perché è ormai al rosso di consiglieri, sia perché tutti sanno che è molto meglio avere la variante Salinetti-Paolacci, piuttosto che rimanere con il PRG del 1974. Quindi, nonostante le dichiarazioni degli ultimi mesi, di fronte al parere favorevole del Comitato, non le rimane che tentare di attribuirne il merito al suo sindaco e di dirsi pronta a recepire le prescrizioni regionali.
Nel paese e su internet si disquisisce su chi abbia vinto e chi abbia perso? Tu che ne pensi?
Io credo che la rilevanza politica del parere favorevole alla variante sta in ciò che dice il parere, non nel fatto se esso è frutto della intercessione di Pascucci presso la Polverini, oppure di Nonni presso Ciocchetti, o della sinistra presso i suoi consiglieri regionali. Il valore politico sta nel fatto che il parere del Comitato regionale è favorevole e le prescrizioni sono non sostanziali. Il Comitato ha sancito che la Variante Salinetti-Paolacci va bene e che può essere approvata definitivamente dalla Giunta regionale del Lazio nel giro di un paio di mesi.
La vittoria politica è di chi questa variante al PRG l’ha fatta. Prendo atto con piacere che gli esponenti dell’attuale maggioranza, dopo averla osteggiata a lungo dall’opposizione e dal governo, ora siano favorevoli alla Variante e vogliano speditamente concludere l’iter di approvazione.
Quali sono i passaggi rimasti per giungere alla approvazione definitiva della Variante al PRG?
Da un punto di vista tecnico ora il presidente del Comitato Regionale per il Territorio deve comunicare al sindaco il parere favorevole e le prescrizioni. L’Ufficio tecnico o il progettista della variante dovrà recepire le prescrizioni indicate dal Comitato e, se necessario, modificare le Tavole e le Norme Tecniche della Variante al PRG. Poi il Consiglio comunale dovrà deliberare la presa d’atto del parere del Comitato Regionale e approvare le Tavole e le Norme della Variante così come modificate dal parere regionale. Questa ultima versione della variante dovrà essere di nuovo inviata in Regione per la delibera della Giunta regionale di approvazione. Poi tale delibera sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio. Da quel momento la Variante generale al PRG, adottata nel maggio 2008 e modificata prima dalle osservazioni dei cittadini poi dal Comitato regionale, sarà lo strumento urbanistico generale vigente nel Comune di Castel Madama.
Quello sarà sicuramente un bel giorno per il nostro paese. Però, se ho capito bene, sia il centrosinistra che il centrodestra ritengono che la variante sia insufficiente a risolvere tutti i problemi urbanistici di Castel Madama. Quindi?
Si, è vero. Però ne risolve anche molti immediatamente. L’approvazione della variante consentirà di sciogliere mille nodi attualmente inestricabili a causa delle ambiguità e delle arretratezze dell’attuale PRG. Tanti piccoli e grandi problemi troveranno una semplice soluzione. Faccio un esempio per tutti: l’iter di approvazione del progetto del Parco archeologico-didattico, il cosiddetto Archeopark, ora fermo perché non previsto nel PRG del 1974, diventerà molto più semplice e spedito perché la Variante al PRG ha destinato l’area a ridosso del fosso di Santa Cecilia a servizi turistico-culturali.
Inoltre l’approvazione della variante faciliterà il confronto sui problemi rimasti, perché indica la direzione per risolverli. La maggiore perplessità espressa dal Comitato Regionale per il Territorio nei confronti della variante è che essa prevedeva un’eccessiva edificabilità residenziale e produttiva, nonostante sia in riduzione e preveda la costruzione di case per circa 11-12 mila abitanti, rispetto ai 17 mila del Piano del 1974. Tanto che l’aspetto particolarmente apprezzato dal Comitato è stata la riduzione delle aree agricolo-residenziali tra Colle Murata e via delle Cave; e tra via Fonte Canoro, A24 e S.P. Empolitana.
Ogni futuro intervento di miglioramento dello strumento urbanistico dovrà tener conto di questa indicazione del Comitato regionale. Ciò significa che le soluzioni per Monitola, Cavisello, San Quirico, ecc. vanno ricercate nella direzione del recupero edilizio e della riqualificazione urbanistica e non di un ulteriore aumento delle cubature e di consumo del territorio. D’altronde con una crescita demografica bassissima, con un’economia sempre più immateriale, va ricercato uno sviluppo qualitativo del paese, fondato sulle sue vocazioni, sui beni culturali e naturali, sulla sua collocazione geografica, sulla capacità della sua gente di inventare produzioni originali, come è accaduto cento anni fa quando qualcuno pensò che le olive secche da consumo familiare potessero diventare un prodotto da commercializzare.
L’amministrazione Pascucci ha le carte in regola per gestire la Variante al PRG e completarla?
Non credo che l’attuale amministrazione comunale - che sta subendo questo parere del Comitato regionale, che ha sfiduciato il vicesindaco e assessore all’urbanistica convinto della necessita della variante, che pensa che basti far diventare un terreno da agricolo ad industriale per aver costruito sviluppo e benessere per il paese - abbia le carte in regola per pianificare al meglio il nostro territorio.
L’approvazione della variante al PRG apre effettivamente una fase nuova: le norme che essa contiene costringeranno ad una gestione diciamo “virtuosa” dei rapporti tra attività umane e territorio, favorirà la pianificazione di aree più che la costruzione di un singolo edificio, obbligherà a realizzare opere di urbanizzazione primaria e secondaria, indurrà a rispettare e a dare valore alle qualità del territorio. Il ruolo dell’amministrazione comunale sarà sempre più quello di favorire e regolare uno sviluppo qualitativo e non quantitativo del paese. Richiede non tanto abilità polemiche, quanto una cultura politica capace di attualizzare al meglio le potenzialità del nostro paese attraverso questi i strumenti di pianificazione.
Non vedo negli attuali amministratori tali sensibilità e competenze. Penso che occorra cominciare a costruire un nuovo assetto politico e amministrativo per il governo di Castel Madama, unendo le forze che si sono battute per una sua crescita equilibrata, per il suo sviluppo sostenibile, nella chiarezza e nel rispetto delle regole. Quelle forze che con coerenza e rispetto reciproco hanno operato nell’interesse generale del paese, con idee e progetti innovativi che ancora oggi, dopo più di un anno dalle elezioni, trovano conferme della loro validità.