|
Berlusconi politico è sconfitto. Il Popolo della Libertà ha lasciato prima il governo nazionale, poi la Sicilia, il Lazio e ora la Lombardia. Il berlusconismo culturale è più difficile da battere. Ma senza fare i conti con esso non c’è una vera uscita dal ventennio del padrone di Mediaset.
Una settimana fa, dopo aver ascoltato su RAI news l'intervento di Nichi Vendola ad Ercolano, in occasione dell’apertura della sua campagna per le primarie del centrosinistra, scrissi una nota su facebook. Vi espressi il parere che Vendola aveva tracciato “una critica aggiornata dell'Italia di oggi, prodotto di 20 anni di berlusconismo: il degrado del patrimonio artistico come della scuola pubblica, le disuguaglianze sociali, l’ immoralità dei moralisti, la mercificazione dei beni più importanti per una persona: il lavoro, la conoscenza, gli affetti, un ambiente sano.
Aggiunsi che concordavo con tale analisi, che ritenevo giusto che Vendola rappresentasse questo punto di vista e le conseguenti proposte politiche alle primarie per scegliere il candidato premier del centrosinistra e concludevo proponendo alle persone che condividono questa analisi di contattarmi per costituire un Comitato per Vendola anche a Castel Madama.
Per cambiare l’Italia ci vuole una proposta forte, una alternativa culturale, oltre che sociale e politica al recente passato e al presente.
Con qualche giorno di ritardo mi sono accorto che alcune persone hanno commentato questo mio post. In particolare una di loro ha scritto: 20 anni di berlusconismo????? Se non sbaglio 10 anni fa quando l’euro è diventata la nostra moneta ufficiale, il presidente del consiglio era Prodi! Cosa s’intende per 20 anni di berlusconismo? Che all’epoca era già nato?
Mi scuso con questa persona per il fatto di esprimermi a volte in politichese. E la ringrazio perché mi dà la possibilità di spiegare meglio quello che volevo dire.
Il berlusconismo indica le linee guida dell’azione politica di Berlusconi, che pure è stato 4 volte presidente del consiglio (nel 1994-1995, nel 2001-2005, nel 2005-2006, nel 2008-2011) facendo scelte neoliberiste e populiste.
Neoliberiste nel senso del “meno stato e più mercato”, con il risultato che i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri; le tasse hanno colpito le classi medie e basse; il precariato è diventato la forma “normale” di lavoro (su 10 giovani 8 hanno contratti a tempo determinato e solo 2 a tempo indeterminato); i servizi pubblici sono stati tagliati (scuola, sanità, pensioni, ecc.).
Populiste nel senso di apparire come colui che conosce i bisogni e i sogni del popolo e si adopera per soddisfarli, contro i partiti il parlamento la magistratura che glielo impediscono, ma che nella realtà ha fatto leggi per sé e per il suo impero economico.
Ma il berlusconismo è anche un fenomeno sociale, culturale e di costume. O meglio è un potere mediatico (tv, stampa, editoria…) che da 20 anni trasmette certi valori e una certa idea della vita e della società. In questo senso il berlusconismo è un po’ l’"autobiografia della nazione", la rappresentazione di tendenze deteriori radicate nella società italiana, che Berlusconi non ha cercato di superare, ma al contrario ha dato ad esse valore.
Nella vita, secondo quanto ci raccontano le sue trasmissioni, vale di più apparire e guadagnare, che conoscere ed essere onesti; che il lavoro è meglio elemosinarlo ai potenti di turno, piuttosto che conquistarlo con le proprie competenze e come un diritto; che per i genitori il massimo è vedere le proprie figlie diventare “veline” o “escort” e magari finire in parlamento.
A tutto questo mi riferivo quando parlavo di berlusconismo. Quindi a qualcosa che è di più di una linea politica, qualcosa che è presente in misura maggiore o minore nelle coscienze e nella cultura di ciascun italiano.
Il berlusconismo politico sta franando in tutta Italia, dal governo nazionale ai governi regionali (Sicilia, Lazio, Lombardia, ecc.), mostrando non solo la sua incapacità ad affrontare e risolvere la crisi, ma soprattutto il malaffare che è connaturato in lui.
Il berlusconismo culturale è più difficile da sconfiggere ed è soprattutto con esso che ognuno di noi deve fare i conti. Con la propria coscienza. Per capire chi vuole essere, quali valori reputa fondamentali per sé e per i propri figli, quale idea di società e di relazioni con gli altri ritiene più giusta. Solo dopo aver fatto queste valutazione si dovrebbe scegliere - alle prossime elezioni regionali, nazionali e, speriamo, locali - il candidato, la coalizione, il partito che condivide tali valori e li assume come orientamento della propria azione politica.
(15 ottobre 2012)