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Intervista all’Associazione Ready to fly

A cura di Stefano Scardala e Angelo Moreschini

Abbiamo sentito parlare di loro in più occasioni; la prima volta un paio di anni fa quando con l’organizzazione di un evento, che ai più sembrò trasgressivo, vedemmo un muro di grigio cemento colorarsi ad arte. E poi ancora l’estate scorsa, con il concerto di Brusco …fino ad oggi, quando un atto vandalico rivolto ai murales in via Aldo Moro ha favorito il nostro incontro. Intorno a un tavolo, con i ragazzi …pronti a volare.

La prima è d’obbligo ragazzi: dato che a Castel Madama c’è un bel pullulare di associazioni culturali, voi chi siete, cosa vi sentite di esprimere e come nasce il nome Ready to fly?
Ok! Iniziamo con il nome dell’associazione, che abbiamo scelto perché siamo tutti appassionati di snowboard e ready2fly all’inizio era il motto del nostro gruppo sulle piste da sci: “pronti a volare”, nel senso di acrobazie, salti ecc. Ci siamo costituiti in associazione da un anno circa con l’obiettivo di creare qui in paese qualcosa di nuovo e utile, di inventare attività ed eventi capaci di aggregare i giovani, di unirli cioè di farli stare insieme in un posto facendo qualcosa di positivo per sé e per gli altri. L’arte e la cultura in generale è la materia che ci appassiona, che ci piace esplorare, conoscere e condividere con gli altri. viaggi verso siti culturali, città d’arte, feste popolari. Poi siamo aperti anche a realizzare idee e progetti che ci vengono proposti. Il nucleo dell’associazione è formato da cinque soci fondatori, Giorgio, Simone, Stefano, Paolo e Mattia che è il presidente. Siamo più meno tutti ex studenti tra i 22 e i 25 anni e attualmente ci definiamo ironicamente “aspiranti lavoratori”, con intorno un bel gruppone di amici che quando c’è da fare si muovono per aiutarci.

In due occasioni negli ultimi anni le vostre uscite hanno lasciato un bel segno, lungo alcune vie del paese tristemente connotate da corposi muri in cemento. Anche grazie alla vostra azione, quella del graffito è una forma di espressione artistica che ormai attira su di sé simpatia. Come avete costruito e vissuto questa vostra esperienza?
Diciamo subito che il graffito non è l’unica tematica che affrontiamo, anche perché non siamo writers ma siamo appunto in contatto con gruppi writers molto bravi. Alla prima esperienza, quella del 31 maggio 2009 che si è svolta in via Battistoni, erano presenti alla Jam molti writers conosciuti a livello nazionale: Etnic proveniente dalla Toscana; Skard e Kame sono della Puglia; Mone è di Guidonia; Smoke 13 e Esta sono di Tivoli; il grande 23 Records di Roma. Sono tutti artisti noti nell’ambiente writers e la loro bravura è riconosciuta in tutta Italia, ed è stato bellissimo vederli all’opera.
Per organizzare l’evento di via Battistoni, che era la nostra prima esperienza, abbiamo fatto tutto da soli. Certo abbiamo avuto la fortuna di avere di fronte un’amministrazione comunale che sul tema dei graffiti aveva già ragionato, infatti non abbiamo avuto problemi perché esisteva una delibera comunale che prevedeva la possibilità realizzare graffiti, presentando una specifica proposta e concordando con l’ufficio tecnico e la polizia locale il luogo e le modalità dell’evento.

Come prima esperienza andò molto bene non è vero?
Certo! Le Jam sono sicuramente una cosa nuova, che attira molto noi ragazzi ma che è anche utile per fare il trucco ad alcune creazioni meno artistiche dell’uomo. Per questo motivo l’amministrazione comunale aveva fatto quella delibera. Che a noi ragazzi piaccia questo genere di iniziative è fuori discussione, ma quando sono anche gli amministratori, gli adulti tra cui anche le mamme con i passeggini che apprezzano quello che stai facendo, la cosa fa molto più piacere. In passato i graffiti sono stati visti male, perché nella realtà vengono associati a quelle sigle o a quei sciocchi segnacci che appaiono sulle facciate dei palazzi o peggio sui monumenti. Ma i veri graffiti sono un’altra cosa, hanno un significato positivo, artistico, di bellezza. Esprimono la voglia di cambiamento, è da qui che viene lo stimolo di disegnare su muri grigi che abbruttiscono il paesaggio urbano.

Esistono disegni pensati in modo specifico per un posto, con un tema che si inserisce nel contesto, oppure la produzione è un po’ casuale?
Secondo noi le opere di questo tipo sono belle a prescindere, arricchiscono un quartiere spesso circondato da cemento nudo e triste anche se non hanno un tema premeditato. I disegni che vengono realizzati a volte si preparano prima, hanno, diciamo, un progetto preciso, ma a volte no! Ad esempio durante la Jam di settembre in via Aldo Moro si è partiti da un tema di base, comune per tutti, che poi si sviluppava attraverso l’improvvisazione, il contributo spontaneo apportato dai diversi gruppi di writers intervenuti, che erano più o meno gli stessi dell’anno precedente.

Parlateci delle vostre Jam, sono vere e proprie feste dove vengono fatti i graffiti e contemporaneamente si suona la musica, tutti insieme sulla strada. Immagino che ad ispirarvi sia la tendenza della cosiddetta cultura Hip hop, che si è affermata negli Stati Uniti negli anni ’80 dello scorso secolo ma che è ancora viva e tutta da scoprire qui da noi.
In effetti è così, anche se poi ognuno interpreta questa tendenza a modo suo e questo è veramente l’aspetto più bello e creativo. Ad esempio Ready to Fly ha voluto unire al graffito invece che l’Hip hop il Reggae di Brusco. Il concerto organizzato sul finire dell’estate scorsa in via XXV Aprile, tra il Parco Oudenaarde e l’area mercatale, è stato un momento entusiasmante che ha avuto un successo enorme, il pubblico arrivava fino alla curva della scuola ed abbiamo richiamato in paese centinaia di persone da fuori.

Come avete potuto organizzare un evento simile in paese, trovare i soldi, ottenere le autorizzazioni e occupare gli spazi pubblici?
All’inizio, quando abbiamo presentato la proposta al Comune, eravamo preoccupati perché abbiamo capito che non era semplice realizzare l’evento, tenendo conto sia delle esigenze artistiche della nostra Jam, così come l’avevamo studiata, sia delle esigenze del Comune e cioè la sicurezza, l’ordine pubblico e la viabilità nelle aree interessate alla manifestazione. Dobbiamo dire che l’amministrazione comunale c’è stata vicino e ci ha sostenuto nel risolvere questo ed altri problemi. Abbiamo richiesto come associazione un contributo alla Regione Lazio, per le spese non coperte dagli sponsor che avevamo; abbiamo concordato di dividere in due parti la manifestazione, svolgendo il concerto la sera e in un posto diverso da quello dove si realizzavano i graffiti. In principio non eravamo troppo contenti di questo, ma poi ci siamo resi conto che sarebbe stato impossibile far suonare in Via Aldo Moro gruppi così famosi che avrebbero portato molto pubblico. E alla fine tutto è andato per il meglio. Fortunatamente anche le persone più grandi iniziano ad apprezzare il valore di questi eventi, la gente che abita lì intorno ci ha detto bravi e non ci ha condannato per aver disturbato la quiete di una solita noiosa giornata di fine estate.

Veniamo alla nota dolente. Questa intervista nasce anche dalla volontà dell’associazione di denunciare all’opinione pubblica lo sfregio dei murales realizzati in via Aldo Moro.
Sì! Ci sono state due aggressioni in due settimane, a cavallo tra gennaio e febbraio: i disegni in via Aldo Moro sono stati danneggiati con scritte stupide del tipo: “Marco ti amo” e “ciuffettina” assurdo perché mettendo quei nomi si sono quasi firmati, sono nomignoli che possono ricondurre a certe persone.
La seconda volta invece hanno compiuto proprio un atto di sfregio: hanno disegnato gli occhi ad alcune figure del murales, hanno lasciato scritte ironiche del tipo: “torneremo”. Ma non è tutto. Purtroppo hanno anche sfregiato un furgone appena riparato e verniciato di una nota ditta artigiana locale, che ha avuto almeno duemila euro di danni. Sono atti brutti, stupidi e pericolosi, perché possono portare ad atti violenti di rivalsa. La seconda volta infatti sono stati anche visti, sarebbero ragazzi intorno ai 15 anni e anche meno. In effetti un gesto stupido, ma non può essere lasciato correre, secondo noi vanno rintracciati gli autori dello scempio e indotti a capire la gravità dei gesti compiuti: è una questione di educazione, di civiltà, di rispetto perché è stato rovinato un bel disegno dietro al quale c’è stato lavoro e ci sono state spese.

Certo il furgone sappiamo che si può riparare, anche se purtroppo ha un costo, ma è possibile pensare anche al recupero dei disegni?
E’ praticamente impossibile restaurarlo: si dovrebbero chiamare gli stessi artisti, ritrovare la tinta giusta per ogni sfumatura rovinata …e non è detto che riesca fuori un bel lavoro. Peccato, è chiaro che queste opere d’arte non sono eterne ma che dovessero finire così presto non ce l’aspettavamo proprio. Ci dispiace, sembra assurdo che ragazzi di castello facciano questo al loro paese, viene da sperare che fossero di fuori. Questi sfregi lasciano il segno, anche se li ricopriamo con nuove opere non sarà più come prima, perché quel posto ha perso la sua sacralità, emerge forte la sensazione che in qualsiasi momento qualcuno potrebbe andare lì e ripetere quel gesto; qualcuno potrebbe sentirsi autorizzato a rifarlo, perché è stato fatto una volta. Comunque questo fatto non ci ha scoraggiati, andremo avanti.

E allora guardiamo avanti. Quali sono le vostre idee per il futuro prossimo?
Per il futuro vorremmo trovare una sede, dove poter organizzare esposizioni artistiche, anche di writers che espongono tele in tutta Italia, oppure di toys, quei giocattoli venduti bianchi che ogni artista poi caratterizza con propri artifici, colori o altro: che cioè customizza, un termine che deriva da custom. Durante la festa di settembre abbiamo infatti messo un banchetto con i toys. Un’idea per il futuro quindi è quella di ospitare una esposizione di toys, perché è una tendenza che stimola la fantasia, la creatività per questo ci piace. A Londra e ad Amsterdam la cosa è molto diffusa, anche se è nata negli Stati Uniti d’america. Ci sono ragazzi che acquistano per centinaia di euro questi pupazzi fatti di una resina particolare, bianco poroso dove attacca bene il colore e si possono tagliare perché dentro sono vuoti.
Inoltre, sempre guardando avanti, abbiamo ricevuto altre proposte per disegnare a Castel Madama, presso il Teatro comunale e presso lo Stadio comunale “Attilio Testa”. Sarebbe bello se tutti i muri grigi di castello si potessero trasformare così!
E non è tutto, un’altra importante prospettiva si è aperta grazie al direttore di Roma Est, un giovane di circa 35 anni che apprezza molto questa arte, il quale tramite l’assessorato alla cultura del Comune ci ha proposto di organizzare uno spettacolo live, con l’esibizione di writers che in una parte del parcheggio disegnano su pannelli in cartongesso, realizzando opere che una volta asciugatesi dalla vernice vengono esposte all’interno del Centro. Stiamo preparando il progetto, che dovrebbe realizzarsi in primavera.
Infine, l’appuntamento castellano con la prossima Jam sarà probabilmente per il prossimo settembre. Ci stiamo ancora pensando. Noi ci vediamo lì?

Certo! Zizziripenne ci sarà per documentare con immagini e magari anche suoni il vostro terzo Jam paesano. Un saluto.
Un saluto a tutti i lettori di Zizziripenne da Giorgio, Simone, Stefano, Paolo e Mattia.

 
 
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