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I cittadini chiedono di cambiare contenuti e modi della politica

di Pino Salinetti

  Castel Madama Italia
Abrogazione delle leggi su: votanti SI NO votanti SI NO
1. Privatizzazione acqua 64,1 97,3 2,7 57,0 95,3 4,7
2.Tariffa servizio idrico 64,1 97,9 2,1 57,0 95,8 4,2
3.Centrali nucleari 64,1 96,5 3,5 57,0 94,0 6,0
4.Legittimo impedimento 64,1 96,6 3,4 57,0 94,6 5,4

Il risultato dei 4 referendum del 12 e 13 giugno 2011 contro la privatizzazione dei servizi pubblici e dell’acqua, il ritorno alle centrali nucleari e il legittimo impedimento rappresenta un fatto molto importante e può segnare uno spartiacque nella storia politica dell’Italia, come già in passato accadde con altri referendum “epocali”, come quella per il divorzio nel 1974 o per la modifica del sistema elettorale nel 1992.

È il successo di una lunga accumulazione di “forze democratiche”, avvenuta fuori dai palazzi della politica, nelle piazze, nelle fabbriche, nelle scuole. Ne sono protagonisti i migliaia di comitati formatisi intorno all’acqua bene comune, le associazioni ambientaliste, i cittadini che nell’ultimo anno si sono mobilitati per il lavoro, la scuola, la dignità delle donne, l’informazione libera, i diritti della cultura e della ricerca. Il loro impegno, portato avanti con strumenti poveri e soprattutto attraverso la rete informatica, è riuscito far evolvere il senso comune che si era imposto nel corso degli ultimi decenni verso posizioni critiche al liberismo, che vuole assoggettare ogni persona e ogni cosa, anche quelle offerte a tutti dalla natura e indispensabili alla vita, alla logica del libero mercato e del profitto. E’ significativa la “svolta” del Pd, in particolare sui temi della privatizzazione dell’acqua, dove sono state messe in minoranza le posizioni privatizzatrici e sviluppiste che erano egemoni fino a poco tempo fa sui temi dei servizi pubblici e persino su quelli delle energie rinnovabili.

La grande partecipazione al voto, dopo un quindicennio di mancati quorum, e la valanga di Si ai quesiti proposti ci consegna un dato sul quale tutti devono riflettere. Secondo noi sono riduttive le interpretazioni che tendono ad accreditare questa vittoria o come la manifestazione esclusiva dell’opposizione politica a Berlusconi, o come un trionfo della critica al sistema politico nel suo insieme. Riteniamo che entrambe le posizioni siano certamente valse a contribuire alla vittoria, ma che il processo referendario sia stato una critica generale ai contenuti (le politiche neoliberiste e privatizzatrici) e ai modi di governare dell’ultimo decennio (la separatezza della politica e dei partiti dalla società e dagli interessi della stragrande maggioranza dei cittadini).

Dopo questi risultati i partiti non possono più ignorare che dalla società vengono segnali di sfiducia verso la cultura politica di questi decenni, che ha attraversato un po’ tutti gli schieramenti, e la richiesta di una nuova politica che dia risposte alle domande di lavoro stabile e di maggiore eguaglianza sociale, di difesa dei beni comuni e della salute, di riscoperta delle virtù pubbliche. Infatti lo stesso quesito sul legittimo impedimento, che certamente è una critica alle leggi ad personam di Berlusconi, può essere letto come una richiesta di una società in cui non ci siano più privilegi, in particolare i privilegi di chi amministra la cosa pubblica.

Insomma con questi referendum gli italiani, chiamati a decidere su questioni molto concrete e nello stesso tempo dense di significati generali, hanno mostrato di preferire un modello di convivenza in cui le attività umane non mettano a rischio gli equilibri naturali e la salute delle persone. In cui siano le strutture pubbliche a fornire i servizi essenziali ai cittadini, senza che essi siano oggetto di profitti privati. In cui la politica, i partiti e i governanti siano effettivamente al servizio della comunità e siano esempio di comportamento civico per tutti.

Vedremo nei prossimi mesi come il mondo politico risponderà a queste domande. Certo la crisi finanziaria, le misure economiche varate dal Parlamento e quelle prospettate non sembrano andare nella direzione indicata dalla maggioranza dei cittadini che hanno votato i referendum.

Alcune considerazioni sul voto di Castel Madama.

Innanzitutto va segnalato che la partecipazione al voto e i Si sono stati più alti che in Italia. Hanno votato 3699 castellani, il 64,1% (7% in più della media nazionale) e anche i SI sono stati superiori di 2-3% punti, sfiorando il 100%.

Per raggiungere tali percentuali significa che, oltre all’elettorato di centrosinistra, che si suppone sia schierato sui contenuti dei temi referendari, sono andati a votare anche elettori del centrodestra e cittadini che alle elezioni normalmente si astengono.

Questo conferma quanto dicevamo sopra: esiste ormai una maggioranza di persone, a Castel Madama ancora più netta, che al di là delle indicazioni dei partiti della disinformazione e dell’imbonimento delle maggiori reti televisive, sta smaltendo la sbornia degli ultimi 20 anni fatta di: il privato è bello, il libero mercato risolverà tutti i problemi e porterà la felicità, la politica è meglio che l’affidiamo ai ricchi e ai furbi capaci in un modo o nell’altro di risolvere anche le nostre questioni.

Sta maturando, al contrario, la convinzione che l’acqua, l’aria, l’energia, la salute, la giustizia, la conoscenza, essendo collegati a diritti fondamentali della vita individuale e sociale, non possono essere privatizzati ma, in quanto beni comuni, devono essere gestiti dalle istituzioni pubbliche, fuori dalle leggi di mercato. Non solo. I rappresentanti dei cittadini, la classe politica, deve essere completamente differente dall’attuale, senza privilegi ed effettivamente al servizio degli interessi generali della collettività.

E’ una svolta significativa dell’orientamento dell’opinione pubblica a cui i partiti e gli eletti nelle istituzioni devono prestare la massima attenzione. In questo senso consideriamo un segnale positivo il voto unanime del Consiglio comunale del 16.6.2011 sulla mozione presentata da L’Unione di centrosinistra che impegna il sindaco e la giunta a portare avanti le azioni di sostegno all’acqua bene comune e i progetti di promozione delle energie rinnovabili e pulite in alternativa al nucleare. A patto che alle parole seguano i fatti.

Un’ultima riflessione riguarda il confronto tra il voto referendario di giugno e quello delle comunali di maggio. Delle 3699 persone che ai referendum hanno sostenuto la validità della difesa dell’acqua bene comune e delle energie alternative, solo 1927 aveva dato fiducia a chi quelle scelte le ha praticate durante il suo governo. Ricordiamo l’impegno per la salvaguardia dell’Aniene e delle sorgenti del Pertuso; l’adesione e la partecipazione anche in piazza al movimento “Acqua bene comune”; l’introduzione dell’acqua in brocca nella mensa scolastica; l’installazione di una fontana per la distribuzione dell’acqua dell’acquedotto pubblico. E ancora la promozione del gruppo d’acquisto dei pannelli fotovoltaici; l’installazione dei pannelli solari al campo sportivo, al Sales e alla scuola elementare (da completare); l’impianto fotovoltaico sulla scuola media; l’uso di caldaie a condensazione in tutte le scuole e altri interventi ancora.

E’ possibile che tanti cittadini non erano informati di questi interventi. Ma tanti altri, pur conoscendoli, hanno preferito votare per altre liste. Si possono ipotizzare numerose spiegazioni di carattere locale per spiegare questa contraddizione: alcuni cittadini, nel fare la loro scelta di voto alle comunali, hanno dato peso più ad altri aspetti giudicando insufficiente l’operato dell’amministrazione; altri hanno seguito il richiamo dei vincoli di parentela, di amicizia, di appartenenza politica; altri ancora hanno dato credito alla promessa di scambiare il proprio voto con un beneficio personale.

Ma al di là di queste ipotesi sullo specifico di Castel Madama, riteniamo, in generale, che le indicazioni positive emerse dal voto referendario indichino una tendenza, un’intuizione più che una scelta matura e consolidata. “A pelle” molti cittadini chiamati a scegliere se l’acqua deve essere di tutti o gestita da privati per guadagnarci sopra; se si devono costruire centrali nucleari col rischio di incidenti come l’ultimo di Fukushima; o se chi governa possa eludere la giustizia, non hanno avuto dubbi su cosa votare. E’ straordinario che in così tanti abbiano deciso di farlo, nonostante i partiti di maggioranza e le televisioni più seguite davano indicazioni contrarie. Ma la strada del cambiamento è ancora lunga. Chi si batte da decenni a favore dei beni comuni e delle energie pulite, e ha fatto parte o ha sostenuto l’esperienza amministrativa appena conclusa, provando felicità e amarezza insieme per il risultato dei referendum, deve cogliere gli aspetti positivi di tale voto e imparare dai limiti evidenziati da quello comunale. Sapendo che il processo di maturazione e di liberazione delle coscienze è lungo e irto di contraddizioni. E riguarda anche noi.

 
 
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