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Brucia Madre Terra… ma si investe sulla guerra!

di Angelo Moreschini, 16 agosto 2021

Tra Mercoledì 11 e Giovedì 12 agosto un enorme incendio ha devastato i monti a ridosso della città d’Arte e una grande porzione della riserva naturale di Monte Catillo. Brucia la vita sulla Terra, il suo patrimonio di biodiversità, di habitat e di ecosistemi boschivi e forestali. Succede a Tivoli, nel sud Italia, nell’area euro-mediterranea e in molte parti del mondo.

Viviamo con profondo dolore questa immane catastrofe, accesa dalla scellerata azione di criminali, dentro una catastrofe più grande, quella dei cambiamenti climatici e degli eventi estremi, anch’essa generata dai Sapiens, ma per decenni disconosciuta. L’una alimenta l’altra: il riscaldamento della Terra alza le temperature e inaridisce la vegetazione; questo favorisce gli incendi, che bruciano gli alberi i quali, invece di catturare l’anidride carbonica e trasformarla in ossigeno, bruciando producono anidride carbonica, che alimenta il riscaldamento della Terra, rafforzando un circolo vizioso, come il diavolo che soffia sul fuoco.

Cosa possiamo fare, cosa può fare ciascuno di noi, per rimediare agli errori ed evitare il peggio? Guardiamo al pianeta, ma possiamo e dobbiamo agire per il nostro territorio.

In Italia ogni anno gli incendi, quasi sempre di origine dolosa, provocano ingenti danni ambientali per la numerosità degli organismi viventi coinvolti, vegetali ed animali; per la gravità degli effetti su tali organismi; per la vastità del territorio interessato. Quest'anno la situazione è più grave che mai. Nel 2020 il territorio bruciato era aumentato rispetto all'anno precedente del 18,1%, i reati accertati erano cresciuti dell'8,1%. Nel 2021 va molto peggio: siamo di fronte a un disastro ambientale senza precedenti.

Una cosa è certa, la lotta contro la piaga degli incendi non si fa solo cercando di spegnere gli incendi, cioè quando un danno incalcolabile è ormai fatto, ma soprattutto evitando che le fiamme divampino. Come per una malattia, conviene prevenire i danni piuttosto che curarli: sappiamo quali sono le aree a maggior rischio d’incendio, sappiamo quali sono le giornate di caldo e di vento, quindi in quelle zone, in quei giorni occorre schierare in campo più forze possibili.

E' grave, invece, che il governo Draghi, nella recente riforma della giustizia penale, non abbia considerato i reati ecologici e ambientali tra quelli gravi e non li abbia sottratti al rischio di improcedibilità. Non è questa la strada per salvare il nostro ambiente, i nostri boschi, il nostro territorio.

La prevenzione. Serve una cultura e una pratica della prevenzione. Una possibile strategia è basata sui cosiddetti “contratti di responsabilità”, messi in campo con successo nel Parco Nazionale dell’Aspromonte, prima dal 2000 al 2005, e poi dal 2013 al 2018. Questi prevedono il riconoscimento di una premialità alle Associazioni iscritte nei registri di protezione Civile, ai coltivatori e ai pastori del luogo, per la sorveglianza e il monitoraggio di porzioni di territorio, affidate loro in cura, “adottate” ogni anno da giugno ad ottobre. Se la superficie bruciata in percentuale supera la soglia prefissata perdevano questa premialità.

Tale approccio riconosce l’inedito ruolo di “sentinelle del bosco” e di “custodi della natura” a coloro che quelle terre vivono ogni giorno, in collaborazione con la rete degli altri soggetti istituzionali coinvolti. Ciò significa mettere al centro le Comunità, agevolando i percorsi di promozione socio-economica del territorio, di valorizzazione delle sue risorse e di rispetto dell’ecosistema. I “contratti di responsabilità” funzionarono e in quei dieci anni non vi furono incendi importanti. Poi però dal 2017 la politica ha cambiato rotta, esternalizzando i servizi, sciogliendo il Corpo forestale, appaltando il futuro del nostro territorio! Sono tornati gli incendi in Calabria. E non solo lì, purtroppo.

A livello nazionale serve un Piano di prevenzione degli incendi e la costituzione di una Direzione nazionale investigativa per i crimini contro il patrimonio ambientale, dotata di risorse, mezzi, come i droni, per il controllo del territorio, personale specializzato e sufficiente.

A livello locale servono piani che prevedano ad esempio: la piantumazione del territorio perso, dove possibile; la pulizia delle strade vicinali; la creazione di strade tagliafuoco; riserve idriche di emergenza e prese d'acqua per gli idranti lungo gli acquedotti; il finanziamento del piano con una tassa di scopo comunale.

Lo spegnimento. La scarsa attenzione destinata dai governi e dalle istituzioni locali alle pratiche di prevenzione, fa il paio con la scarsa attenzione dei governi al potenziamento dei mezzi in dotazione ai corpi preposti al controllo e allo spegnimento degli incendi, ossia al corpo dei vigili del fuoco. Anzi, l’attenzione c’è stata ma per il loro smantellamento. Dal 2017, da quando la grande manovra di accorpamento del corpo forestale ai carabinieri, targata Renzi-Madia, è gradualmente entrata in vigore, l’attività di spegnimento degli incendi è in capo ai Vigili del Fuoco, coadiuvati da sette società private per il volo di elicotteri e canader.

Ma chi può avere interesse criminale di appiccare incendi?

Difficile pensare a qualcuno che compie atti vandalici contro i parchi nazionali perché interessato al cambio di destinazione d’uso. L’area colpita dal fuoco, infatti, secondo l’articolo 10 della legge 353/2000, non potrà avere una destinazione diversa da quella precedente per i successivi 15 anni. Anche se meglio sarebbe se fossero rese inedificabili per sempre e fosse istituito un catasto delle aree incendiate, visto che i nostri territori sono sottoposti ad interessi speculativi enormi.

Spesso l’interesse ad appiccare il fuoco è in capo a pastori o contadini, che intendono crearsi così spazio per il pascolo o per la coltivazione. Ecco perché i “contratti di responsabilità” sperimentati in Aspromonte sarebbero un ottimo deterrente.

Esiste poi la pista, molto plausibile, che ad accendere il cerino ci sia la mano delle mafie, come si evince anche dal rapporto annuale Ecomafie di Legambiente.



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