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Per quanto ad alcuni esagerato e fuori dal contesto, è stato un arricchimento culturale per molte persone che spinte a misurarsi su tre livelli ricostruttivi (addobbo, corteo e contesa) hanno dovuto analizzare una storia così lontana per farla coincidere con il proprio racconto cinquecentesco, rispondente il più possibile con la storia del luogo. E’ un esercizio che, ogni anno e da qualche decennio, mette in moto tante persone su diversi piani di studio: scenografico, di costume, di animazione con approfondimenti anche sociali e politici. La corte di Carlo V° l’Imperatore, di sua figlia la Madama Margarita nata a Oudenaarde 1522, Duchessa di Parma e Piacenza, governatrice dei Paesi Bassi è così studiata che siamo diventati degli esperti sul costume di questa epoca così lontana: conosciamo acconciature e abiti, attrezzature contadine e artigianali, danze e portamenti, sapori e odori e non solo… abbiamo imparato ad adeguare gli spazi e le architetture attuali agli scenari che servono ai racconti di ogni rione. Tutto questo lavoro grazie a coloro che agli inizi dei primi anni di Palio, senza l’esistenza dei canali informatici, si sono documentati attraverso le biblioteche, quella nazionale compresa, per farsi una idea da mostrare il più possibile in modo convincente e fantasiosa nella tre giorni dedicati appunto alla Madama Margarita D’Austria del quale Castri Sancti Angeli, ora Castel Madama, ne fu uno dei feudo, toccato marginale dalla sua padrona e Signora.
Oramai la macchina è collaudata, con l’informatizzazione le ricerche si fanno in tempo reale e anno dopo anno la grande opera di progettazione e costruzione di questo evento, con gestazione di quasi nove mesi, si completa mettendo in moto tutte le maestranze della grande produzione teatrale e cinematografica: sartorie, sceneggiatori, i casting per i figuranti e gli artisti (musici, giocolieri, fini dicitori), cavalli da corsa e da rappresentanza, la fauna e la flora di ogni tipo, disegnatori, organizzatori dei cortei, un coro di manovalanze specializzata sul campo e apparentemente strampalato, che danno senso a quella prima settimana di Luglio.
Energie spese bene? Purtroppo è una manifestazione che non riesce ad entrare in un circuito più ampio e rappresentativo del panorama regionale di questo tipo, eppure! nell’era in cui viviamo sarebbe facile veicolare notizie e agganciarsi alle reti associative della stessa natura, ma! evidentemente le capacità programmatiche e di maketing non ci sono o non funzionano. L’evento del Palio a Castel Madama è una operazione che rappresenta l’unico grande momento creativo che investe dal basso la cittadinanza. I Rioni servono al Comune e alla Pro Loco uno scenario e una animazione unica che evapora nel giro di due giorni, le cui risorse sul piatto sono il frutto del lavoro e delle competenze di equipe di volontari che si sbattono per rientrare dei costi di gestione della festa. Gli Enti che dovrebbero essere da supporto, non solo logistico, sono trascinati nel vortice e arrancano costretti a dare il minimo indispensabile. L’intermediazione del comitato Palio e della sua figura rappresentativa nel Primo Priore (se ancora esiste) è assente se non per qualche figurante che si interfaccia nei rituali che richiede la prassi con una povertà di uomini , mezzi e costumi da passare inosservati; la Pro Loco non è mai stata quel fulcro intorno al quale ruota la vera programmazione artistica; il Comune non riesce a stimolare la formazione di una struttura convincente di supporto come una “fondazione” che abbia il marchio della festa, ne garantisca la solidità e veicoli l’audacia dei rioni e l’evento nel suo insieme per una vera attrazione turistica di rilievo.
Abbiamo una settimana tra il sabato e la domenica, vuota, fatta di niente, non ci sono cose che fanno da collegamento e che sono di richiamo con attività ludiche ed artistiche in tema (convegni, mostre, musica, teatro, danza, laboratori).
Ci vogliono le risorse economiche, i soldi e mi sembra logico, come benzina fanno camminare tutto, ma se le istituzioni restano ferme e soltanto alla fine sono intrappolate nell’ingranaggio, se non veicolano con un progetto convincente quello che la popolazione del Palio inconsapevolmente ha seminato negli anni, non si avranno mai i compensi e non avremo mai la visibilità della grande impresa artigiana che muove ogni anno, bene o male, una manifestazione così complessa. Bisogna avere le idee e il coraggio di osare le ipotesi più ambiziose per incentivare e stimolare alla curiosità; per esempio nel pensare ad istituire corsi di formazione per apprendisti artigiani, capaci di creare e fornire prodotti quali costumi ed oggettistica per le grandi produzioni cinematografiche, teatrali, per i cortei storici e carnevaleschi. Che ci sia, tanto per cominciare, un grande magazzino che raccolga il lavoro dei 4 rioni ad uso delle loro iniziative, ma anche per quelle esterne al paese.
Abbiamo maestri in tutti i campi, bisogna provare a metterli insieme per costruire una sorta di laboratorio, “casa delle maestranze artistiche”, che impegni i nostri giovani all’esercizio di una eventuale professione e magari anche alternativa ai loro studi. E tornando alle finanze della festa penso che le strade possano essere tre: la prima rispondere ai bandi regionali ed europei; la seconda coinvolgere gli operatori economici sul territorio; la terza, gestita direttamente dai rioni attraverso i contributi volontari che possono venire dalle iniziative dei rioni stessi.
Ripensare la festa ora è il momento buono dopo ch’è stata abbandonata per un paio di anni. Braccia e pensiero possono tornare sull’argomento con energie ed un ed un approccio diverso. Che si ridisegni un itinerario del palio concentrato per tutti nel centro storico e magari l’inizio di questa manifestazione sia rappresentata fisicamente dall’apertura dell’unica portale vero ch’è l’Arco Borgo, ingresso e varco naturale verso la parte antica e verso la grande festa del Palio. Se il concetto è: “i rioni festeggiano l’arrivo della Madama” che questo arrivo sia rappresentato in grande stile, gli sia dato il massimo del risalto scenografico e abbia la risonanza adeguata. La location ideale per ricevere la Padrona del Feudo è la chiesa di San Sebastiano, dove i quattro Massari alla presenza della Madama faranno giuramento di fedeltà e lealtà, dopodiché il corteo da li, preceduto da un colpo di cannone (segnale acustico importante), parte per arrivare sulla grande porta che la Signora farà aprire. Il passaggio del corteo regale, su via San Sebastiano verso l’Arco del Borgo deve essere una attrazione e l’apertura del portale un invito ai visitatori a disperdersi nel centro storico fatto in quattro spicchi. Questo passaggio sia come una “clessidra”, metafora di un salto temporale, un travaso di folla che dall’epoca moderna va verso l’epoca antica nell’idea che ogni visitatore è come un granello di sabbia che da un contenitore passa ad un altro. Le manifestazioni di questa portata, aperte in sordina, non avranno mai il successo che si meritano e come succede nel nostro Palio disorientano i visitatori.
Il Centro Storico
Nella due giorni di Palio, ci si stupisce nel guardare gli scenari liberi dalle automobili, non solo perché possiamo godere di una camminata sicura, ma perché quel posto vestito di lamiere tutto l’anno lo stiamo guardando con una luce insolita che mette a “nudo” tutto il bello e il brutto e ci rivela prospettiva nuove di Via A. Baccelli, di p.za Mazzini, Garibaldi e Dante tali da sembrare un altro luogo. Quel posto che un sabato all’anno fa un salto all’indietro nel tempo e che lo dobbiamo acchiappare e goderlo al volo perché la Domenica, tutto sparisce come in un sogno. E da questa amabile visione del “nudo architettonico” non traiamo nessun insegnamento, non riusciamo a capirne il beneficio in termini di sicurezza, di bellezza e di libertà anche spirituale. La bassezza in cui riduciamo i nostri spazi vitali per 360 giorni l’anno ha qualcosa di perverso e diseducativo che chiama alla responsabilità politici, amministratori, associazioni, esercenti e singole persone ognuno in proporzione al proprio campo d’azione. Non riusciamo a controllare più noi stessi, le nostre azioni, e di conseguenza il territorio peggiora sempre di più e si nota dalle piazze e dalle strade che diventano sempre più parcheggi, si nota dagli accessori come radiatori, parabole, tettoie in plastica, cancellate che rivestono le mura e oltraggiano un ambiente che non puoi più ammirare, fotografare e filmare; si nota dalla sporcizia per terra di ogni tipo, cestini riempiti dei rifiuti di casa e animali non controllati lasciati a cagare per strada; si nota dai chiusini intasati che riversano acque meteore per scalinate e vicoli; si nota dai posti per disabili occupati da non disabili; si nota dalla parietaria che quando ce un evento te la tolgono ad altezza braccio; dai sassi della cinta medievale senza più malta… e così via….
Ci sono tanti esempi e tante realtà che sono da questo punto di vista molto più avanzate, che sanno dare uniformità ai loro interventi in ambito urbanistico. Realtà consapevoli che sanno confrontarsi e scegliere, che sanno guardare le cose e coltivare idee, sanno stimolare al decoro, all’equilibrio e soprattutto lasciano i segni di una legalità che, badate bene! inibisce il tentativo di sfregiare ogni cosa. La “bellezza” si coltiva altrimenti l’ignoranza è pronta ad attecchire proprio come la “palatana” la dove il territorio è in abbandono.
Quando ci presentiamo con il Palio Madama Margarita noi stiamo offrendo, per quanto fantasioso, uno spettacolo delle nostre capacità che deve essere riconoscibile tutto l’anno sotto forma di rispetto dei luoghi e di quel lavoro per il quale almeno due o tre generazioni si sono prodigate. Se entrate in una delle sedi dei rioni c’è tanto di quel materiale che porta la firma di donne e uomini, alcuni anche morti che non immaginiamo, e se abbiamo rispetto di questo enorme lavoro dovremmo avere rispetto anche del suo contenitore “il centro storico” perché porta la firma della fatica di migliaia di braccia che hanno saputo modellare, dal tempo dei tempi, “la pietra” come “la stoffa”. Quelle braccia che ci hanno cucito un vestito ch’è una fortezza e man mano, attraverso le sue epoche, fuori dai bastioni, la trama urbanistica si è fatta più ampia lasciando respirare gli spazi e penetrare il ricamo della luce con il suo calore. Ecco che quello sguardo sugli ambienti del “Palio”, armonizzato dalla luce e libero dagli eccessi, ci comunica gioia, ci fa scoprire cose mai notate, ci fa “immaginare” la storia e ci fa gustare la passeggiata che non è una semplice passeggiata perché chi è de “casteju” riconosce nel luogo una narrazione ch’è va oltre la favola.
Sarebbe un sogno se imparassimo a considerare questo centro storico “patrimonio della nostra umanità”, ch’è il marchio di qualità di una comunità che mostra conoscenza, educazione e ha rispetto della sua storia e del posto dove vive.
Non incontrerete mai un turista che vi chiede di visitare Colle Fiorito o via Sant’Anna, semplicemente perché non esprime una architettura unica. Quello che abbiamo espresso e continuiamo ostinati a disegnare da quelle parti, in termini di architettonici, è il peggio dell’urbanizzazione contemporanea, dove conta soltanto il profitto del mattone, dove appunto le aree di socializzazione non sono considerate, nell’impianto urbano e nella stesura progettuale, come pregio e vanto di un opera. Basta fare un misero parcheggio sotto casa e accontentiamo il cliente. Da profano so che la prospettiva e la luce sono i principi di una architettura intelligente, rispettosa e all’avanguardia ma gli esempi dicono che sono lontane rimembranze di ingegneri ed architetti soppiantate dalla quantità e dal profitto.
L’economia non passa soltanto nelle costruzioni nuove di Via Sant’Anna, ma anche guardando al recupero di quel tessuto storico e immobiliare ignorato dai rampanti costruttori e ai quali diciamo di volgere anche lo sguardo alle tante abitazioni in vendita che ci sono nella parte alta del paese e che possono essere recuperate dignitosamente e adeguatamente rimesse sul mercato. Giovani coppie e singole persone non aspettano altro che trovare una casa, piccola e accogliente, ma dalle grandi possibilità di autonomia e indipendenza.
Che sia l’inizio di un nuovo modo di guardare e di stare in un ambiente sano e umano, dove la storia, quella che conosciamo, grazie anche al Palio Madama Margarita, dovrebbe essere attraversata dalla sapienza di saper unire, proprio come un matrimonio, l’antico con il moderno.
Anacleto