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La pandemia agisce sulla salute direttamente ma agisce anche indirettamente, a causa delle norme sul distanziamento sociale e dell’isolamento delle persone, su tanti altri aspetti della nostra vita, ad esempio il lavoro e la scuola.
Prima di Pasqua siamo stati di nuovo in zona rossa con l’ulteriore periodo di chiusura delle scuole, da qui l’idea di dare il mio contributo all’inchiesta di Tutta un’altra Storia, vivendo in modo diretto le dinamiche pandemiche in qualità di referente Covid d’Istituto della mia scuola, il Convitto Nazionale di Tivoli, di cui sono Vicerettore e referente d’Istituto del Polo Regionale per la formazione digitale dei docenti.
Al Convitto di Tivoli sono iscritti tanti alunni e studenti di Castel Madama e tanti sono i docenti che vi insegnano, nelle tre scuole interne: la Primaria, la Media e la Superiore. In tal senso il punto di osservazione permette una visione in verticale dai 6 ai 18 anni delle conseguenze che la pandemia provoca alla vita alunni, delle loro famiglie e ai docenti, ma in generale al personale scolastico. Per questo i riflessi della pandemia sulla scuola includono anche il riflesso sul lavoro.
Tutto ciò può essere inquadrato in due fasi, ripetute e alterne: quella vissuta in presenza, caratterizzata dal necessario rispetto delle misure sanitarie e quella vissuta a distanza, con gli alunni a casa alle prese con problematiche di vario genere. Nonostante che gli insegnanti, la scuola, il governo abbiano cercato di garantire il diritto allo studio, diversi limiti hanno impedito di poter svolgere al meglio le attività scolastiche.
In entrambi i casi, in presenza e in DaD, gli effetti delle complicazioni sono diversi per ciascuno dei tre gradi di scuola.
In presenza (da settembre a dicembre con alcune interruzioni, da gennaio alla prima decade di marzo):
Potremmo dire che “in presenza” non c’è stato un comportamento significativamente difforme nei tre ordini di scuola: alunni, studenti e tutto il personale scolastico hanno dato un segnale di grande responsabilità nel rispetto delle regole sul distanziamento e nell’utilizzo dei dispositivi di sicurezza.
Tra i motivi di questa “professionalità” quello di evitare al massimo il rischio di tornare in DAD, tutti si preferiva vivere la scuola a scuola. Dati alla mano si è verificato in questo a.s. un numero minore di assenze dei docenti. Lo stesso si può dire per le famiglie, specie nei momenti difficili quando la segnalazione di un caso positivo doveva essere più tempestivo possibile in modo da avviare il procedimento di notifica al Servizio di Prevenzione della Asl e mettere in sicurezza il resto della classe.
A distanza (da marzo a giugno e tra ottobre e novembre 2020; da marzo 2021): le differenze sono state più marcate
In generale chi ha risentito maggiormente delle complicazioni insite nella DDI sono stati gli alunni con maggiori difficoltà, in primo luogo disabili e e disturbi vari dell’apprendimento, ma anche alunni con situazioni familiari disagiate da un punto di vista socio economico ed “elettronico”.
nonostante gli sforzi delle scuole, dei docenti e delle famiglie, l’8% dei bambini e ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado è rimasto escluso da una qualsiasi forma di didattica a distanza e non ha preso parte alle video-lezioni con il gruppo classe, quota che sale al 23% tra gli alunni con disabilità.
Proprio per questo, la scorsa estate, il ministero dell’Istruzione aveva previsto la necessità, attraverso il «piano scuola», di garantire la scuola in presenza ai bambini e ai ragazzi con bisogni educativi speciali (Bes). Rientrano tra i Bes tutti gli e le alunne che hanno necessitano di sostegno o dispongono di un piano didattico personalizzato (PDP).
Non sempre ben accetta dà la possibilità di costruire le «cordate educative» ribalta la situazione dello scorso anno, ponendo al centro dell’azione pedagogica gli alunni con bisogni educativi speciali e fornisce la possibilità di una didattica in presenza al resto del gruppo classe, a rotazione.
In tal senso la possibilità che il governo ha dato subito sin da marzo 2020 alle scuole di acquistare device e computer e dispositivi per internet ha sicuramente aiutato, anche se il gap spesso non può essere proprio strutturalemnte sanato a distanza, il rapporto umano con il docente e le dinamiche sociali di classe non sono sostituibili e non lo saranno mai.
Sui motivi di questo disagio i dati Istat parlano chiaro: la Dad si è scontrata con le difficoltà nelle competenze digitali della popolazione italiana, che presenta una delle situazioni peggiori in Europa.
La scarsità di competenze digitali anche tra i giovani, nel 2019, tra gli individui di 16- 74 anni, soltanto il 22% ha dichiarato di avere competenze digitali elevate (contro il 31% nella Ue27), cioè di essere in grado di svolgere diverse attività nei 4 domini dell’informazione, della comunicazione, nel problem solving e nella creazione di contenuti.
Tuttavia, questo aspetto è stato da tutti riconosciuto, un effetto positivo è senza dubbio la maggiore diffusione delle competenze digitali tra i docenti e va detto che nella scuola primaria si sono registrate le maggiori difficoltà in ordine alle competenze digitali, assai meno diffuso invece tra i docenti delle scuole secondarie.
Anche su questo aspetto il governo ha messo in atto una strategia e risorse, legata al rafforzamento della formazione digitale dei docenti, formazione che da anni ormai è considerata obbligatoria e permanente e invece è rimasta una pratica diffusa ma non generalizzata e la pandemia ha dato l’occasione di dimostrare quanto sia ormai maturo il momento di padroneggiare gli strumenti della didattica digitale senza che questo significhi sostituire la didattica tradizionale in presenza, che pure di per sé ha tanti modi diversi di esistere. Anche qui il governo sin da giugno ha modificato l’acronimo e la strategia sottesa, non si parla più di DAD, strumento servito per l’emergenza da marzo a giugno 2020, bensì di DDI, strumento stabile e indispensabile attrezzo di lavoro quotidiano per i docenti. Che deve diventare uso quotidiano in tutti quei casi dove uno o più studenti sono in casa, o il docente stesso dell’ora x lo è; non più assenze che costringono a faticosi recuperi, non più assenze che costringono a ore di buco perse…
Il passaggio dalla DAD alla didattica digitale integrata contiene un nuovo paradigma, teso a cancellare in breve tempo il gap tecnologico e formativo della scuola: la didattica digitale entra finalmente in pianta stabile nella cassetta degli attrezzi del docente, ne vanno utilizzati le potenzialità anche in tempi normali. Ma anche qui come non ricordare le azioni del PNSD che da anni invita al salto culturale verso la tecnologia. Mi vengono in mente anche le tre i… C’era come al solito bisogno di toccare l fondo?
La tecnologia ora c’è, anche se non tutte le scuole ne hanno a sufficienza, ciò che invece ancora manca in modo diffuso è la capacità di connessione; ancora oggi i docenti che da scuola si collegano con studenti a casa devono usare i giga del loro telefono come hotspot per il device di classe. E questo non è un problema dell’emergenza ma della quotidianità.
Funzione sociale
La scuola in questa fase pandemica è stata percepita come un luogo, uno spazio una istituzione fondamentale, poliedrico e multiforme per piccoli e grandi, per il lavoro di chi ci lavora e per il lavoro dei genitori.
L’esperienza dei bambini ha dimostrato ancora di più che lo studio, l’apprendimento, non è un processo individuale ma collettivo non è un fatto singolo ma sociale.
Le disuguaglianze sono evidenti rispetto alle persone più fragili.
I bambini anche quelli più piccoli, spesso più di quelli grandi della secondaria superiore, hanno capito che ci si salva insieme rispettando le regole.
I docenti della scuola pubblica hanno risposto con grande professionalità e responsabilità senso di appartenenza; sono entrati a casa degli studenti, nelle camere , nelle famiglie, consolidando un legame sociale che va oltre il punto di vista dell’apprendimento.
Per cui la scuola si conferma un’istituzione pubblica che opera per l’uguaglianza sociale e sostanziale delle persone, art.3 costituzione, essa opera per la cittadinanza solidale, essa è bene comune.